“Non tradiscono mai“. È quanto ha sempre sostenuto Giampiero Ventura a proposito della sua vecchia guardia, o, per essere più precisi, dei veterani che nel Toro, tutto sommato composto anche da giovani elementi, hanno in squadra molto più spazio rispetto ai suddetti giocatori meno esperti. Da Moretti a Molinaro, da Vives a Gazzi a Bovo i veterani a disposizione dell’allenatore, è vero ed è sacrosanto, non tradiscono, né mancano in impegno. Ma possono anche incappare in una stagione negativa, per colpa – ma non solo – anche dell’età. E lo scheletro (inteso come insieme dei punti fermi della squadra) del Toro scelto da Ventura poggia proprio su quei giocatori: inutile dire che se l’apporto della vecchia guardia viene a mancare allora i giovani, meno utilizzati rispetto ai compagni, non possono all’improvviso essere in grado di risolvere ogni problema. Avrebbero avuto bisogno di essere testati maggiormente e, eventualmente, promossi o bocciati.
È il caso di Gaston Silva, ad esempio, che è stato impiegato qualche volta in più rispetto allo scorso anno, sì, ma come terzino e non al posto di un Moretti in evidente calo di rendimento. O di Jansson il quale, benché a lungo infortunato, avrebbe potuto avere prima qualche occasione in più rispetto a un Glik non particolarmente perfetto in difesa. A centrocampo, poi, la bocciatura di Prcic ha portato a un’alternanza (ormai consolidata) tra ex Lecce e Bari, destinata a protarsi fino al termine della stagione.
Ma perché, di fatto, ai giovani meno esperti (giacché Baselli, Acquah e Benassi hanno in realtà una carriera già piuttosto consolidata) è stato concesso così poco spazio? Non sono ancora pronti? Sono molto in ritardo di condizione? Non sono bene inseriti? Tutti quesiti a cui è arrivato il momento di dare una risposta, magari in campo. Magari per cambiare qualcosa all’interno di una squadra scarica ma con tutte le qualità per riemergere. E raddrizzare, almeno in parte, una stagione che avrebbe dovuto essere portata avanti con tutte altre prospettive.